Uscita, questa di oggi, particolarmente interessante perché guidata dalla Dott.sa Roberta Galletta, Presidente della sezione locale di “Italia Nostra”, appassionata di storia, infaticabile divulgatrice della memoria storica e di quanto concerne il mondo civitavecchiese.
Roberta è rimasta piacevolmente sorpresa quando ha visto che ad attenderla c’era un folto numero di persone costituito da ben cinque realtà: Centro Diurno Asl, Reparto Psichiatrico dell’Ospedale San Paolo, Istituto di Riabilitazione Calamatta, Ass. Istituto Santa Cecilia e rappresentanti del Gruppo Trekking Tiburzi.
La destinazione di oggi è il tratto di costa denominato La Frasca, compreso tra Tor Valdaliga e la Seconda Torre di Sant’Agostino. Il nome La Frasca, probabilmente deriva dal fatto che in passato i pescatori, di notte, facevano fuoco con dei rami (le frasche) per segnalare alle imbarcazioni un rientro sicuro tra i canali delle scogliere. Un’altra ipotesi sull’origine del nome potrebbe essere la presenza di sorgenti di acque fresche potabili che sgorgavano un tempo, e in parte ancora oggi, sulla riva del mare, garantendo l’approvvigionamento idrico agli abitanti della zona.
Tra i due carbonili della centrale elettrica dell’ENEL ed il tratto di mare antistante, - in località Cappelletto - da poche settimane, sono iniziati degli scavi archeologici commissionati dall’Autorità Portuale di Civitavecchia e dalla Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale. Il lavoro sta portando alla luce una villa romana marittima datata tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.. I resti di una lunga scalinata in blocchi di scaglia, fanno ipotizzare l’accesso al mare e rappresenta la parte più antica di tutta l’area e da cui in seguito hanno costruito gli altri ambienti. Il pavimento rinvenuto del Calidarium, è sorretto da piccole colonne in muratura (Suspensurae), sotto il quale circolava aria calda prodotta da forni artificiali, per il riscaldamento dell’acqua e dell’ambiente.
Poco più avanti, risalendo la costa, sotto il Camping “Traiano”, nei pressi di un fosso, Roberta ci ha indicato un’area denominata Porto di Columna. Il nome Columna è legato alla presenza di possenti colonne di granito che indicavano l’ingresso nel piccolo porto. Oggi restano tre colonne a mare, a poca distanza dalla spiaggia, e grossi blocchi di arenaria probabilmente parte di un molo a mare. Poche decine di metri più avanti un altro sito archeologico in fase di lavorazione da cui si intravede un insediamento urbano in via di definizione. Un’altra colonna si trova sempre in mare, un poco più avanti, in località “Mignonello”, ove è anche presente un’altra fonte di acqua fresca che sgorga a pochi metri dalla riva del mare.
Prove dell’antico abitato di Porto Columna le troviamo negli Acta Sanctorum, nei documenti e dati relativi alla vita di Santi. Qui troviamo la vita del Beato Sensio che nel V sec. d.C, insieme a San Mamiliano, si ritirarono nelle isole di Montecristo e del Giglio. Alla morte di Mamiliano, Sensio si stabilì tra il fiume Mignone ed il Porto di Columna, dove per aiutare la popolazione in difficoltà a reperire fonti idriche, fa sgorgare numerose sorgenti di acqua fresca. Un’altra fonte storica la troviamo in un documento del 1290, riguardante la disputa tra le suore del Monastero di Santa Chiara di Viterbo ed il Castellano di Civitavecchia, per una chiesa dedicata a San Sensio nella zona del Porto di Columna. L’intervento di Papa Nicola IV stabilì che la chiesa dovesse rimanere di proprietà delle suore.
All’ora del pranzo, il sig. Tacchi ci ha ospitato nella sua casa di campagna, per consumare i panini che avevamo portato. Grazie alla sua ospitalità abbiamo potuto usufruite di tutte le comodità che un ambiente attrezzato poteva offrirci. Inoltre, abbiamo scoperta di quale vena artistica Carlo sia impastato: dalla scultura di pietre, allo sbalzo su fogli di rame, alla pittura su tela o su pareti. Dalla disposizione di oggetti e cose si nota un genio artistico particolarmente inusuale.
Carmelo Melia